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Non più latte e non ancora formaggio: scopriamo la cagliata

La produzione del formaggio ha origini antichissime e, al netto delle innovazioni e dell’impiego delle nuove tecnologie, si ottiene grazie a un processo, quello della caseificazione, rimasto inalterato nel tempo che si basa su tre ingredienti fondamentali: latte, caglio e sale. Eppure di fronte a tanta semplicità troviamo anche delle fasi delicatissime, delle tappe decisive in cui la magia della ‘caseificazione’ si compie. Una di queste è quella che va sotto il nome di cagliata.

Che cosa è la cagliata?

Il latte per poter diventare formaggio subisce, durante le varie fasi della caseificazione, una serie di trasformazioni chimiche e fisiche. Una delle prime è quella legata alla coagulazione il cui risultato è proprio la formazione della cagliata. Al latte viene aggiunto il caglio che determina la formazione di questo prodotto “di mezzo” non è più latte, ma non è ancora formaggio. C’è qualcosa di magico in questo cambio di stato che avviene in grosse caldaie colme di latte. Il caglio può essere di natura animale o vegetale. Per alcuni dei nostri formaggi utilizziamo del caglio ottenuto dai fiori di cardo che ne caratterizzano il sapore finale.  Nella formazione della cagliata, come nella sua rottura,  la mano e l’occhio del casaro continuano a essere fondamentali per determinare il tipo di pecorino che vogliamo ottenere.

Il caglio: ecco come si innesca la coagulazione

Gli enzimi del caglio sono gli agenti che accendono il processo di coagulazione, fondamentale per proseguire nel percorso verso il prodotto finito. Si tratta di una coagulazione presamica, da presame sinonimo di caglio, che caratterizza quasi tutte le produzioni di formaggi. Il caglio può essere di natura animale, ottenuto dallo stomaco degli animali lattanti, o vegetale (come nel caso dei nostri Fior di cardo e Fior di natura). Il casaro in questa fase ricostruisce in maniera artigianale la digestione delle proteine del latte come si svolge in natura.

I tipi di caglio

Così come esistono vari tipi di caglio, ci sono vari modi per estrarlo. Il caglio animale viene estratto dall’abomaso, che sarebbe il quarto stomaco dei ruminanti non ancora svezzati, perché ricco di chimosina, l’enzima che fa digerire il latte materno. Il caglio vegetale, invece, viene estratto dalle piante: dal fiore del cardo selvatico o dal lattice del fico. Un altro tipo di caglio è quello microbico che si ottiene dalle colture di muffe o da altri microorganismi i quali producono

La scelta del caglio si riflette sul formaggio

Il caglio si trova in varie forme: liquido, pastoso o in polvere. La scelta del tipo di caglio da utilizzare non è secondario e condiziona il sapore finale del formaggio.  Rimanendo nei nostri pecorini, per esempio, il Fior di cardo, ottenuto con caglio vegetale, estratto dai fiori di cardo. Una scelta, questa, che incide in maniera importante sul carattere del formaggio che, a livello di sapori restituisce le note erbacee e animali tipiche dei pascoli della Maremma.

 

Stiamo imparando sempre più a conoscere come nascono i nostri pecorini. Dopo la formazione della cagliata il passo successivo è la rottura della cagliata stessa. Il formaggio prende forma e il “contatto” con il casaro, diventa sempre più importante. Da questo punto in poi, ovviamente, ogni forma, infatti, viene pressata, toccata, accarezzata per indirizzare un pecorino a una destinazione o a un’altra e per assicurarsi che tutto stia procedendo per il meglio.